PENSIERI CALVI
sabato 24 luglio 2010
Come fuochi d'artificio le mie sinapsi. Nel gestirmi tra lancette troppo veloci. Nell'arrampicarmi al cospetto di un brivido teso. Nel ricompormi tra le crepe di uno specchio. Nel ripropormi tra i cerchi di un bastone troppo vecchio.
Ciò che calpesto non sono fiori ma armi di sapone. Ciò che vedo non sono stelle ma lividi celesti. Ciò che sviene nella mia mente non sono pensieri, ma capillari sgozzati dalle mie bevande rosa.
In sintesi ciò che ignoro e produco non si chiama vita, ma spiacevole spettacolo pirotecnico di sinapsi.
martedì 20 luglio 2010
Cromatico. Coerente groviglio di colori sul bordo di un tavolo sospeso. Loquacità di silenzi. Stantia statuarietà. Ingestibile astensione muta.
La conoscenza di una primogenita di conchiglia presuppone un'insopportabile corsa di cuore. Richiede un supporto di rose letali. Necessita di una dose di petali d'acciaio e morfina.
Vedo un tappeto viola di nodi in gola. Sento le mie gambe sbriciolarsi sul pavimento di un mare cereo. Assaporo l'aspro di un finale deludente dalle poltrone in fiamme.
Le ginocchia sarebbero deturpate da un attrito di plastica fusa. I miei occhi si lascerebbero andare ad una tenuta stagna. Gli accordi spezzati di una melodia di pelle scivolerebbero miseramente nella gabbia dello stomaco.
Nella scatola dei ricordi rimarrebbe soltanto una miscela lacrimante di alba e tramonto assorbita dura da uno scoglio di solitudine.
venerdì 2 luglio 2010
Campi sconfinati del cazzo dove coltivare qualche tipo di desiderio esplosivo. Case nate dal nulla dove abbandonare gli oggetti del piacere ed evadere nel cortile dietrostante . Un cortile dove aprire una bottiglia e proteggersi dietro un confronto, aprire una bottiglia e giudicare, aprire una bottiglia e sentirsi diversamente morti. Piccolissime anime probabilmente nate per una scommessa, venute al mondo dal ventre di una sbornia, appartenenti ad un gioco terribile, ad un gioco per adulti, ad un gioco solitario dal gusto pena. Scartare caramelle alla nitroglicerina con le mani ancora sporche di sapone, scartare regali gonfi di tornaconto, scoparsi il tornaconto, fottersi da soli per poter cavalcare il tornaconto e poter un giorno farsi fottere da esso. Fuochi di fatti e artefatti riscaldano minestre vuote sul confine stratificato di una normalità patologica e godono come bambole di pezza grezza ancor prima di essere scartate ed usate sotto un sontuoso albero di natale già visto. Ferro e rame, ruggine benevola e venduta per pochi centesimi, litio rubato ad un ladro ed iniettato negli occhi, a sostituire lacrime, a riciclare immensi e catastrofici vuoti d'acqua. Accendiamo la notte con le stelle che possiamo toccare dal tetto di una macchina qualunque e rechiamoci amoreggianti nel cortile dietrostante, sotto quelle lenzuola di seta e lipofene, le uniche che sapranno rimuovere dalla bocca il gusto amaro e seminale di tutte le nostre pene.