PENSIERI CALVI

lunedì 25 novembre 2013

Il Patriarca

La mia vita. Persi a carte. In una notte. Di lupi.
Il vaffanculo aprì la porta per accogliermi. Col sorriso. Aprì la porta per illudermi.
Io accettai il prezzo delle mie dita. E lo condivisi esclusivamente con me stesso.
Poi impacchettai tutto. E mi dissi di ricascarci come acqua.
Pelle scura. Pelle chiara. Pelle mossa. Pelle sotto pelle.
Un'unghia farà cadere l'armato cemento dei palazzi più robusti del mondo.
Una briciola sola di pelle. Distruggerà le ville che non mi sarò costruito mai.
Calpesterà la ruggine della mia culla bianca. E mi divorerà.
Le grandi ruote che mi trasportavano uccidendomi per le scale. Pagheranno caro il prezzo del loro cordone.
L'ombelico sarà salvo. Io no.
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Vomitante

Il Disgusto. Sta dove io mi calpesto tra le fragole.
Quella piacevole sensazione di vomito. Mi parla 360 volte al giorno. Ed io. L'Accolgo. Come se fossi fatto soltanto di fauci.
E di tutto questo. Me ne faccio vanto. Incondizionatamente. Assolutamente.
Nello scrivermi in questa letterina all'Uomo Nero. Sento un enorme vuoto dentro. Una solitudine sfacciata che mi prende tra le labbra e comincia a baciarmi come fossi rospo.
L'Ape Regina mi chiese di non mollare mai.
Nel suo pungere c'era tutta la sua gonna rossa.
Nel suo rimmel petrolio. Tutta la rabbia, la cattiveria e il disgusto che Il Giovane Creatore mi chiese di provare.
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domenica 24 novembre 2013

Caronte

Il calore della perfezione. Non esisterà. Mai più.
I miraggi. Come proiettili al mio cospetto. Mi dicono di sciogliere i nodi della vecchia valigia. E di ripormi in silenzio. Sul comodino della polvere. Ad attendermi sfinito nelle attese dei ritratti. Come un'anima ansimante di memorie.
Il calore della perfezione. In realtà. Non è mai esistito. Solo io ricordo le mie tremende confusioni brune. Che come Orsi giganti. M'illudevano di una libertà ubriaca e splendente.
L'episodio penultimo del vomito sul Corso del Popolo. Mi riaccende fiammiferi ormonali. Che mi riportano su quelle scale straniere. Dove ad attendermi c'erano fumi speziati di nocciola. E sul divano lercio che sapeva di Francia. Piacevoli e stranissime gelosie maleodoranti. Aggrovigliate appena. In un Autunno di capelli.
Poco prima della porta. Io ti dissi addio.
Nei perimetri storti che mi separavano da casa. Io lessi al contrario le linee stradali. E mi cullai all'istante sull'isola spartitraffico. Per guardare le stelle. Ed urlare al mondo il nome di quel Bue che poco prima investii con la ruota posteriore del mio cervelletto.
I barattoli di Hollandia formavano trafori ed appuntamenti al buio. E nel sottoscala delle Streghe. Guardavo con le orecchie lo sciogliersi della mia ombra.
Oggi continuo a passeggiare nella nebbia. Insisto nel trasferirmi da una notte all'altra. E sogno l'istante in cui i cocci del mio finestrino in corsa. Potranno finalmente sfregiare le mani di chi m'assorbe nel suo salvaslip.

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sabato 2 novembre 2013

L'involucro Esterno

Il tuo arrivo portava la notte nella piena radiosità del giorno. E le presenze scure e meschine s'adoperavano tra le ciotole con la bava nei denti.
La mia guerra iniziava tra gli imbarazzi e le animosità nascoste. Tutt'intorno il cinguettio delle volpi si faceva spazio all'orizzonte tra le correnti di lava incandescente.
Soltanto nuvole. Pozzanghere e detriti.
Risate dall'Inferno. Parole ascoltate ieri. Vomiti di silenzi assoluti. Nascondigli segreti al centro della piazza.
Una nave di cartone mi portò sprofondando tra gli abissi dei ricordi. Adesso. Per ricordarmi di quell'ancora preziosa. Che dal mare. Lentamente s'avvicina.
Sarà possibile da domani dire addio a tutte le situazioni della vita.
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Il Cane

Abbaia. Cane. Per avere gli occhi spassionatamente attenti di un altro. Cane.
Mi manca dunque il calore. Irrisolvibile. Di quello sguardo sbranante, falso e interessato.
Ho bisogno. Oggi. Di un abbraccio chiodato e bollente. Necessito. Amico meccanico. Di una tua dolcissima carezza affilata.
L'assenza mi porta al ricordo del motore immobile ai piedi del mare. Con il cuore nutrito del goloso nettare. E le mie mani distanti. Tra i binari e il finestrino. Con una valigia luccicante di fango e addio.
Io. Non ho mai saputo abbaiare. Neanche silenziosamente. Nonostante la mia stupidità. Io. non ce l'ho fatta. Mai. Io. Non sono riuscito. A togliermi dalla bocca i lunghi fili di nylon. A ricucirmi con essi per il domani. Io. Non ho saputo farlo.
Seduto sulla stoffa della mia finta noncuranza. Spiego a nessuno i nodi del mio pettine rosso. Sperando per il futuro. Di soffrire. Abbastanza. Meno.


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