PENSIERI CALVI
giovedì 16 giugno 2011
Cullato da perturbazioni e brividi tendo la mano fuori da questa finestra. Sento Angeli e materia diffondersi al di là della mia pelle stanca e vedo i tuoi occhi dissolversi tra le bianche nuvole della sera. Le mie mani vorrebbero essere altrove, le vorrei tese e intente al trasporto leggero di una valigia infinita, le vorrei umide di brina raccolta da un finestrino in corsa. Raccolgo residui sparsi di profumo diluito nella sporcizia di un pavimento, stringo i futuri cocci di un'ampolla fragile, raccolgo il mosaico di un mare che vorrei vedere tra i pori di questo schermo. Il senso di questa notte viaggia su foglie d'autunno, inumidite da lacrime di nuvola, annacquate da pioggia timida, sbriciolate dall'incuranza di un vento troppo nascosto. Ammiro la luccicanza del vetro, un finto calice di vino buono, una candela di vaniglia che mi conduce dove le carezze hanno già smesso di franare.
martedì 14 giugno 2011
Le entità umane prendendo sano spunto dalle difese d'attacco feline, imboccano i loro spazi marci con il cucchiaio della provvidenza.
Insaporiscono il brodo primordiale di convinzioni grottesche e recitano una parte in fine dentro i bordi taglienti di una maschera.
Lo spettatore pagante assiste allo scempio del teatrino, contando le ore che lo separeranno dalle quinte essenze di un'uscita secondaria silenziosa.
L'accumulo a dosaggio lieve e costante di un composto rende satura una soluzione labile.
Se il chimico della porta accanto avesse avuto un'intuizione precoce, avrebbe partorito profumi capaci di fomentare il guizzo di una continuità temporale.
Spesso ciò non accade e le formule vengono accantonate tra i topi della soffitta.
Il finale sussiste nell'ennesimo lascito di una scia denaturata dal profumo trenta volte stomachevole.
Domande limitrofe. Smantellamento di vuoti. Scorie a rendere.
La miseria dell'essere spesso ci impone ragionamenti sfilacciati inerenti ad entità adiacenti che nulla hanno da offrirci fuorché milze piu o meno simili alle nostre.
Ergo.
Dov'è il senso di tutto questo domandarsi?
Ciò che sorvolavo era chiamato pianeta o comunque groviglio cromatico di popoli.
Le mie ali erano di allergico spago graminaceo. I miei occhi due biglie di ghiaccio glabro.
Ciò che percorrevo erano cocci striati o comunque avanzi di sbocco autostradale.
Le mie gambe erano un garbuglio di rame e meccanosità. La tua schiena un piccolo avamposto di peccaminosità.
Abbracciavo una statua di marmo felice. Tra le anse delle mie dita scorgevo il ritratto perfetto di un'accozzaglia di colori pastello. Il dipinto per eccellenza. Che mi ritraeva pallido sull'uscio deserto di una tristissima fuga.
venerdì 10 giugno 2011
Anoushka Shankar -- Beloved (Thievery Corporation Remix)
Quando nacque quel quanto di rabbia sufficiente, necessario e cosi forte da farci strappare i bordi delle immagini passate?
In realtà non passarono mai quei treni arrugginiti, ossidati, deteriorati, induriti, che molti di voi avevano già preso anni prima. Non sono mai attraccate quelle stive di pancia su navi solenni che adesso mi fanno piangere. Ma che un tempo notavo. Ma che un tempo cercavo.
Il porto dell'anima brucia nella beffa sottile di un caldo smorto. Le parole implodono attraverso pose lattiginose di individui abietti. Il mio stomaco brama brame di fluidi frizzanti.
Il mondo mi accoglie ancora in tutto il suo splendore bieco. Organizzandomi palestre in ruolo di bersaglio. Illustrandomi la miriade di possibilità scintillanti di un futuro pruriginoso. Preparandomi tempi ridottissimi per l'ennesimo e goffo cambio d'abito.
Un'entità errante dispone con cura le travi che lo difenderanno dalle piogge a venire. Da quelle nuvole che porteranno in grembo liquidi cosi distanti che difficilmente saremmo in grado di definire Acqua.
Racconti introspettivi destinati a sparire. Dopo la dipartita dell'anima ed i corrispettivi crolli del cerchio.
Preferisco dunque erogare fiumi di quattrini al sale piuttosto che perdermi nell'illusione di una risata rigurgitata da uno stomaco gonfio.
Che la vista sia strettamente limitata all'analisi di tutto ciò che in altre circostanze diversamente terrene risulterebbe di difficile digestione.
Steve Roach - Your Own Eyes
Tramonto dell'anima. Fondo di calice. Tempesta muta. Pioggia di cera battente.
Tramonto dell'anima. Altipiani di polvere e lenzuola. Incubazioni di particelle aliene.
Tramonto dell'anima. Resa allo strapotere dello spazio. Desolazione di mosche. Necropoli e vetrine.
Tramonto dell'anima. Spazi aperti. Capanno di zingara. Speranza cartacea di luna nera.
Esponimi su plastico tossico la differenza cromatica tra il tramonto ed una fine all'alba.
giovedì 9 giugno 2011
Passano i giorni. Passano i mesi. Passa il tempo. Ed io ti amo sempre di piu. Ed è un dolcissimo piacere accogliere il calore di un amore che non vuole smettere di crescere.
martedì 7 giugno 2011
Il futuro è un esercito di cemento armato. Inesorabile avanza nella mia mente. Inesorabilmente. Nel cuore e nella mente.
La paura della sua forza occupa tutte le ombre delle mie colline d'argilla. Il luccichio della sua armatura fiera schiaccia ogni trincea delle mie difese di pelle. Ogni centimetro del suo costante assillare liquefa i miei timpani oramai sordi al presente.
Come una dolcissima cascata di paradiso precipita dalle vette dei miei sogni infranti. Mi scivola sull'umido lacrimale della retina. Mi logora e mi sconquassa distruggendomi le filiazioni di uno sfogo dovuto.
Il volto sublime e magnifico del futuro nasconde strade e nidi di inverni eterni. Nel suo stomaco occulta metri di spago e valigie annacquate. Tra il suo invogliare cela carezze profumate di mani ardenti.
Percorro un viale di fuga contornato da meravigliose ortiche ad iniezione lenta, irreversibile e letale.